mercoledì 25 gennaio 2017

Lifeshot. Come congelare su carta un frammento di vita.

Dalla mia scrivania - Marzo 1992
C'è stato un momento nel corso della mia vita in cui ho sentito il bisogno di fissare su carta quello che stavo vivendo.
Un tovagliolo, i fogli forati delle stampanti di allora, un pezzo di carta strappato da un giornale e perfino il retro di una confezione di gelato biscotto...tutto andava bene, bastava poter cogliere l'attimo, trovare una penna o una matita ed estranearsi per il tempo necessario, sfidando lo sguardo incuriosito e a volte perplesso di chi mi stava intorno.

Mi piaceva l'idea di congelare un istante, un momento particolare della mia vita, mi interessava riprodurlo graficamente come in una fotografia o in un dipinto, ma aggiungendo delle informazioni dettagliate, con delle note o dei commenti in stile fumetto, su cosa stavo vedendo e vivendo nel preciso istante in cui il disegno prendeva forma.
Che ora era, che musica stavo ascoltando, che suono c'era di sottofondo, se faceva caldo oppure freddo, perfino se ero triste o felice...tutte informazioni utili al cervello per ricordare e ricostruire per sempre quell'istante.

In una semplice fotografia gran parte di questi dati andrebbero perduti con il passare del tempo e comunque non più a disposizione di chi guarda o guarderà quell'immagine.
Un esempio tra tanti:
Riguardando il disegno intitolato - Dalla mia scrivania - tra le varie note ne leggo una apparentemente strana e priva di senso, quella che riporta: "Bidone immondizie ITAB Lit. 500.000".
E' bastato un istante al mio cervello per riaprire il cassetto in cui quell'informazione era stata archiviata e farmi rivivere un fatto accaduto quel giorno.
Qualcuno in azienda aveva urtato con l'auto il cassonetto delle immondizie danneggiandolo e il comune gli aveva richiesto la bellezza di 500 mila lire per la sua sostituzione! Ricordo ancora i suoi commenti e le sue imprecazioni!

Sono passati 25 anni da quando ho "scattato" questi disegni ed è sempre un viaggio nel tempo riguardarli, leggere le note, ricordare, chiudere gli occhi e rivivere quegli istanti grazie alle straordinarie capacità mnemoniche e immaginative del nostro cervello.
Mi piace pensare a queste immagini come a frammenti di esistenza, antesignane di file multimediali e realtà aumentata.

Ho continuato a scattare disegni per un paio d'anni, poi, così come ho iniziato ho smesso e da allora non l'ho più rifatto...


In viaggio per lavoro - Luglio 1992

Max suona la tastiera - Novembre 1992

Aspettando Mauro - Settembre 1992



Scampagnata - Aprile 1992

La mansarda di un amico - Dicembre 1992

lunedì 2 gennaio 2017

Perchè raccontare con un video l'anima di un prodotto.

Molto spesso le aziende utilizzano dei brevi video per pubblicizzare e far conosce i propri prodotti.

Sono, in alcuni casi, dei veri e propri cortometraggi che nulla hanno da invidiare alle grandi produzioni cinematografiche per quanto riguarda regia, sceneggiatura, fotografia e colonna sonora.

Lo scopo è quello di affascinare, suggestionare e attrarre l’attenzione per veicolare messaggi, marchi o prodotti in maniera più o meno esplicita.
Ma non c’è solo questo. 

Spesso, raccontare una storia con la forza evocativa delle immagini e della musica, diventa un modo per comunicare l’anima di un prodotto e del suo marchio.

Sapere da quali emozioni e principi è nata l’ispirazione di chi lo ha concepito e costruito, diventa un valore aggiunto per chi, diversamente, vedrebbe in quel prodotto solo un prodotto come tanti altri.

Aziende come APPLE e IKEA applicano da sempre magistralmente questo concetto.

I video che accompagnano ogni nuovo prodotto dell'azienda di Cupertino non hanno solo la finalità di renderne note le nuove caratteristiche tecniche, ma il più delle volte puntano ad evidenziare dettagli emotivi, caratteristiche del design o funzionalità legate alla sfera emozionale e sensoriale.

IKEA racconta chi c’è dietro ad ogni prodotto, anche il più semplice, facendoci vedere il faccione simpatico e sorridente del designer che lo ha ideato e raccontandoci di come Björn Johansson (nome di fantasia ndr), abbia ideato quel giochino in legno ispirato dalle foglie di acero con le quali suo figlio Ingmar, era solito giocare in giardino durante le fredde giornate autunnali Svedesi...

Ed è così che quel prodotto, prima uguale a tanti altri, diventa improvvisamente unico, simpatico, dall’aspetto familiare e rassicurante, grazie ad un’empatia che senza quel tipo di comunicazione non ci sarebbe mai stata.

Quando ho disegnato la lampada Virginia©, cercavo un design minimalista, che evocasse quello che nell’immaginario di tutti è il profilo inconfondibile di una lampada a sospensione.

Ho tracciato quelle linee con il pensiero semplice di un bambino, cercando la sintesi estrema, senza appagare il mio senso adulto di estetica e design, ricercando solo un contorno che evocasse “una lampada”…

Volevo che fosse un oggetto giocattoloso, composto da pochi pezzi e assemblato senza viti o cervellotici sistemi di fissaggio…volevo poterlo maneggiare e scuotere senza sentire rumori e scricchiolii sinistri, lo volevo robusto e allo stesso tempo leggero, proprio come un giocattolo.

Ho sempre detestato la fragilità e complessità costruttiva di certe lampade e oggetti in generale, perché ritengo che un prodotto industriale debba poter essere usato liberamente e ripetutamente, senza cautele o precauzioni particolari.
E infine….volevo una lampada che facesse luce, tanta luce! Che fosse bella accesa ma anche spenta, tutte cose apparentemente ovvie che però a ben vedere raramente si ritrovano nello stesso prodotto.

C’è tutto questo dietro al mio progetto. E’ questa la sua anima... che ho sentito il bisogno di comunicare attraverso questa piccola favola di 2 minuti!